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venerdì 4 dicembre 2009

Sul pensiero politico contemporaneo #1 Karl Marx

Attraverso questo argomento, cercherò di distribuire un po' di conoscenza sulle teorie politiche di alcuni autori da cui secondo me, c'è sempre qualcosa da imparare.
Proverò ad essere sintetico ed allo stesso tempo esaustivo.



Il primo autore che ho scelto di trattare è Karl Marx. Sia perchè è stato il filosofo politico che più mi aveva affascinato durante la scuola superiore, sia perchè volenti o nolenti, ha fortemente influenzato il corso della storia e dato una nuova interpretazione ai rapporti di potere in una società profondamente lacerata dal nuovo modello di produzione industriale. Infine lo propongo per primo poichè avevo già delle bozze preparate questa estate durante i miei studi.






(1818-1883)



Per conoscerne il pensiero bisogna assolutamente collegarsi ad alcuni autori come l'ante litteram Rousseau, il socialista Owen ed infine Hegel. In nuce il pensiero di Rousseau era rivolto alla creazione di quella uguaglianza sociale che troviamo nello stato di natura dell'uomo che per l'autore era "buono". Nel momento in cui nasce la società civile, ovvero con la creazione della proprietà privata, l'uomo diventa "cattivo". "Il male quindi ha radici sociali" come disse Owen dopo aver osservato il fenomeno dell'alcolismo della prostituzione e dei furti. Quindi (come dirà Marx), per cambiare l'uomo occorre cambiare la società. Con Hegel, assurgerà al suo pensiero quella scientificità che mancò a tutti i vecchi filosofi (M. si rivolge in special modo al nouveau christianisme di Saint-Simon). Il mezzo che permette tale scientificità è la dialettica hegeliana; dallo stesso Hegel prenderà quella necessità storica per cui ogni tappa è necessaria al compimento della verità. Marx pensava che la storia fosse mossa da un motore: il conflitto. Così come c'è stata una rivoluzione borghese ci sarà quella dei proletari. Abbiamo quindi una affermazione (mondo capitalista) la negazione (proletariato) ci sarà la negazione della negazione (in Marx si chiamerà sintesi) che sarà la creazione di una eguaglianza sociale portata dalla rivoluzione proletaria. Col suo immaentismo (figlio di Lessing ed Hegel), Marx, rifiutava di credere ad una dività trascendente; piuttosto divinizzava l'umanità perchè è l'uomo che fà la storia e la storia stessa porta al compimento ultimo della verità. Quindi l'uomo essendo capace di fare la storia è egli stesso una divinità. Per Hegel l'uomo diventa un assoluto, per Marx una divinità capace di rifondarsi ab imis. Il marxismo che si proclama ateo, diventa esso stesso una religione, come essa ha i suoi dogmi inquestionabili tuttavia a differenza delle religioni tradizionali, ha i mezzi per raggiungere la verità. Per dirla con Fedor Doestoevskij, "il socialismo crea una torre di babele ma non per portare l'umanità in paradiso ma bensi, per portare il paradiso sulla terra" quindi il marxismo riesce a fare quello che la religione non è riuscita a fare. Conclusioni finali: è quindi chiaro che di scientifico non c'è nulla nel "socialismo SCIENTIFICO" ma assume piuttosto un carattere profetico/utopistico. Senza dubbio, le tesi di Marx hanno avuto un notevole impatto ed hanno eroso quanto fino ad allora erano state le tesi socialiste (accusate di non scientificità) volte a riformismi ed a esperienze cooperative socialiste che non intendevano creare un aperto conflitto col modello capitalistico. Questa confusione e questo impatto delle idee di Marx, scatenò una fobia socialista che portarono alle repressioni di moti sociali che fermentavano nell'Europa dell'800.

-Luca Mazzucco

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